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Oscar Nicolaus

Lo sport incarna l'anima

Aggiornamento: 6 ago


L’espressione “lo sport incarna l’anima” rende bene quale sia l’orizzonte culturale entro il quale intende agire la nostra neonata associazione, El dia de D10S.

L’Associazione nasce per  celebrare la nascita, il  30 ottobre del  1960, di un mito globale dello Sport: Diego Armando Maradona. Un Mito di tipo contemporaneo, come scrive, in un suo saggio di alcuni anni fa, il filosofo Vittorio Dini[1] 

“Barthes coglie negli sport moderni una profonda analogia con il teatro dell’antichità: intanto anche nel teatro antico c’era una gara, e soprattutto nelle loro gesta gli eroi epici dello sport moderno producono exploit che inducono nel pubblico una eccitazione com- pensatrice della monotonia dell’esistenza quotidiana.


Anche i miti d’oggi, elaborati e costruiti in relazione all’immaginario, hanno tuttavia una base materiale, una esistenza concreta, non sono pura leggenda. Edgar Morin, in un libro uscito nel 1962, quasi contemporaneo a Les Stars, lo spiega assai bene:

I nuovi divi sono calamitati sia sull’immaginario che sul reale: ideali inimitabili e al tempo stesso modelli inimitabili, la loro duplice natura è analoga alla duplice natura teologica dell’eroe-dio della religione cristiana: divi e dive sono superumani nel ruolo che impersonano, e umani nell’esistenza privata che vivono… Concentrano su questa duplice natura un possente complesso di proiezione-identificazione. Danno corpo ai fantasmi che i mortali non possono realizzare, ma chiamano i mortali a realizzare l’immaginario. A questo titolo, i divi sono i condensatori energetici della cultura di massa…Fondendo la vita quotidiana e la vita olimpica, i divi divengono modelli di cultura nel senso etnografico del termine, vale a dire modelli di vita. Sono eroi modelli: incarnano i miti di autorealizzazione della vita privata…sono i grandi modelli offerti dalla cultura di massa, e senza dubbio, tendono a spodestare gli antichi modelli (genitori, educatori, eroi nazionali)... Mettono in comunicazione i tre universi – quello dell’immaginario, quello dell’informazione, e quello dei consigli, delle esortazioni e delle norme. Concentrano in sè i poteri mitologici e i poteri pratici della cultura di massa. In questo senso, la superindividualità dei divi è il fermento dell’individualità moderna.[2]


Il mito di Maradona, particolarmente visibile a Napoli e in Argentina, è esteso a livello globale: nell’immaginario di tutto il mondo, non soltanto di tifosi e di coloro che seguono il calcio, rappresenta varie cose: la bellezza del calcio, la capacità di vincere divertendosi e divertendo, la generosità e la capacità di essere leader e amico nella squadra, ma anche il ribelle all’estabishment, alla FIFA che predilige gli affari con sponsor e Tv di tutto il mondo rispetto alla difesa dei giocatori e della bellezza del gioco, e ancora colui che è pronto a schierarsi per i poveri e gli sfruttati specie in America Latina. Non è rara tuttavia una riserva, molto diffusa e frequentissima nella stessa Napoli: la distinzione, anzi la netta separazione di giudizio tra il calciatore, l’artista della pelota, e l’uomo, colpevole di essersi rovinato la vita con la droga, colpevole soprattutto perchè di cattivo esempio…io credo si debba andare oltre, che nel caso di Maradona ci sia anche una particolarità, una eccezionalità anche nell’uomo. Ed è questo, anche al di là della sfera sportiva, e sopra tutto nelle diverse, radicali valutazioni, che lo rende anche come uomo, come personalità, eccezionale.”

 

L’Associazione nasce, dunque, per celebrare la memoria di Maradona ma vuole esprimerlo in un modo vivo: fare del suo Mito una bandiera per promuovere un movimento che tenti di cambiare una concezione dello Sport vissuta come dimensione residuale dell’attività educativa, una concezione legata a una visione che scinde corpo e mente, relega lo sport, nella sua dimensione agonistica, a mera fruizione spettacolare, a prodotto televisivo.

Eppure siamo in un epoca in cui le relazioni tra regole e  piacere del gioco, tra progetto e disciplina per raggiungerlo, tra sacrificio e gioia, e più in generale tra  “la Legge e il Desiderio”, per usare parole della cultura psicoanalitica, rappresentano una sfida attuale particolarmente complessa per studenti, giovani, docenti ed educatori in generale.


Famiglie e scuola sono oggi in gravi difficoltà nell’ affrontare questa sfida. Quale altra agenzia sociale è in grado di sviluppare un dialogo efficace su questi temi?

Perché, allora, non valorizzare la dimensione sportiva? Eppure lo sport,  un punto  di un ologramma che contiene in se tutta la società, come sostiene Edgar Morin, straordinario teatro delle vicende umane, rappresenta una importante leva psicopedagogica e ha una grande possibilità generativa perché, come testimonia la sua storia, la relazione tra legge e desiderio è costitutiva dello Sport stesso. 


Vittorio Dini ricorda, per quanto riguarda uno sport popolare come il calcio, che fin dal 1892 il barone de Coubertin, in un articolo dal titolo L‘anima del football scriveva: «La filosofia del calcio, non ho alcun timore ad associare le due parole, è veramente degna di attenzione ed io ho la pretesa di fartene, amico lettore, giudice. Il perfetto calciatore deve, in ogni istante della partita, essere pronto a raccogliere e ricevere il pallone, a passarla, a correre, a caricare, a prendere una decisione rapida, a tacere e obbedire; contate vi prego, senza tener conto delle qualità fisiche, contate quante qualità morali sono messe a frutto: l'iniziativa, la perseveranza, la padronanza di se stessi, il giudizio, il coraggio, e avete il risultato che il ragazzo è posto sulla strada del perfezionamento. Un buon giocatore saprà sempre come sono disposte le forze della sua squadra e quelle della squadra avversaria. “Nessuno mi distoglierà dall'idea che il giovane che sia passato per questa via sia meglio preparato di chiunque altro sia al football che alla vita. Il giovane che avrà lungamente curato la disciplina fisica e mentale a tale scuola si troverà senza alcun dubbio meglio preparato di ogni altro per quella gigantesca partita di calcio che è la vita attiva nell'ambiente sociale»…

Un altro grande giocatore di calcio, l'unico premio Nobel che abbia giocato al calcio quasi da professionista, Albert Camus, in un suo bellissimo ricordo, che non sta nemmeno nelle sue opere, degli anni in cui lui giocava - prima che fosse colpito dalla polmonite e quindi costretto ad abbandonare il calcio -, diceva: tutto quello che io so di morale e della vita l'ho appreso sul terreno del calcio”.[3]

 

E invece,  come sostiene il filosofo della scienza Gianluca Bocchi, “le attuali condizioni educative, il più delle volte astratte, stereotipiche, omologanti (e che purtroppo non sono riconosciute come tali, e che quasi per inerzia tendono a irrigidirsi ulteriormente) continuano a prescindere dalla concreta esistenza dei soggetti in gioco, e quindi impediscono di valorizzare appieno le loro specificità e di realizzare le loro implicite potenzialità”.[4] 

“In un’epoca, infine, in cui è urgente sviluppare la coscienza di una solidarietà

universale, e più ancora di una fraternità universale, dobbiamo fare i conti con una visione in cui

 la fraternità può essere, e lo è stata e continua a esserlo, una fraternità chiusa, che fa sentire fratelli contro qualcuno, “altro”, diverso…Un’umanità che, come dice Edgar Morin, continua ad avvitarsi in una duplice impasse: “l’impotenza del mondo a diventare mondo e l’impotenza dell’umanità a diventare umanità”.

…Oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità, la fraternità si definisce in un orizzonte

“concretamente universale”. Nessuno si può salvare da solo. Il progetto moderno di dominio della

Terra e di emancipazione dalla Terra, per una eterogenesi dei fini, ci ha fatto tutti insieme

riatterrare… Siamo sulla stessa barca, la Terra”.[5]

Lo sport, se fa accendere la sua fiamma autenticamente olimpica, può educarci a una fraternità aperta, a governarne la complessità e a favorire la costruzione di una comunità di destino terrestre per riprendere un cammino di Umanizzazione.

 

[1]  Vittorio Dini,  Maradona, eroe, simbolo, mito globale. in Maradona. Sociologia di un mito globale, Luca Bifulco, Vittorio Dini (a cura di), IperMedium Libri, 2014. pp. 22 24.

[2] Morin Edgar, Lo spirito del tempo, Meltemi, Roma pp. 146-148

[3] Vittorio Dini, Atti del Convegno di Atri, Il calcio ultima ideologia?, Giuseppe Sorgi (a cura di), Guaraldi, Rimini, 2009 pp 70-71

[4] Valeria Agosti, Gianluca Bocchi, Antonio Borgogni, Camminando verso il corpo, in Corpo, società, educazione in press (2024).

[5] Frammenti della lectio Magistralis del filosofo Mauro Ceruti in occasione del conferimento della Laurea honoris causa a lui assegnata dalla Università di Foggia 2024

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